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Quando si diventa poveri, si impara a gioire di piccole cose.

Dopo anni passati ad aspettare l’estate per poter finalmente fare la spesa alla Coop di Albinia (ho sofferto al pensiero di saperla sott’acqua questo inverno) ho il privilegio di frequentare la Ipercoop di Roma al Casilino.

Roma è una città strana. Ci si può trovare di tutto. Ma per quanto riguarda la grande distribuzione ci sono delle mappe ben precise. Ci sono, evidentemente, delle zone esclusive. Dei periodi esclusivi. C’è stato il grande momento GS, acquistato poi da Carrefour. Ci sono ora al centro di Roma, in siti in cui mi piange il cuore vederli, moltissimi Dì per Dì. Ma di Coop a Roma, non si sa per quale spartizione del territorio tra multinazionali, neanche l’ombra. Poi arrivò quella al Casilino…..si ma arrivaci! Poi quella al Centro Commerciale di Euroma2. Un posto infame e orrendo in assoluto, anche se non fossi una persona che odia profondamente i centri commerciali. C’era una minuscola Coop proprio al centro di Roma. Di fianco al Castel Sant’Angelo, vicino al Palazzaccio. Ma non sembrava per nulla una Coop. E poi ha chiuso.

Cosa ha di diverso la Coop, direte, che ti accanisci così? E’beh. Per una romana, la Coop è tutto un altro modo di sentirsi in un supermercato. E’ un poco come sentirsi dentro un circolo, una comunità. Ti sembra che tutto quello che compri marcato coop venga da mani più giuste, da filiere più consapevoli, da ingranaggi meno oleosi, da regioni dove il “sociale” è ancora praticato….. ovviamente non sarà così….. Ma tant’è.

E finalmente, ultimamente, essendo spesso in zona, per via del teatrino di periferia, ho goduto immensamente nel poter andare in via Casilina a fare la spesa alla IperCoop. E ieri, udite udite, sono diventata Socia!

Sissignore, sono una delle socie della Cooperativa di Acquirentii. Cioè, in qualche modo che ancora devo capire bene, la Coop sono pure io!

E subito, col piccoletto, ci siamo scialati a fare la spesa con il Salvatempo. Pistola spara raggi infrarossi con la quale si prendono i codici a barre e si trasformano in conto da pagare. Già pronto per la cassiera che non si ferma neanche a controllare se abbiamo fatto tutto correttamente. Tra Soci Coop ci si fida….!

Il problema è che ci si può far prendere dall’euforia e dalle vertigini delle corsie lunghe un chilometro e che si arrivi a mettere nel carrello la qualunque. Ma io e il piccoletto, veri professionisti del Salvatempo, ci siamo concessi solo uno Sciroppo Fabbri all’Anice. Non è piaciuto a nessuno dei due  ma ci abbiamo fatto i ghiaccioli e così, forse……

Dopo il bagno di acquisto proletario alla IperCoop al Casilino, fare la spesa nei negozi fighetti intorno casa mi sembra proprio triste…. ma nel pomeriggio sono passata alla bottega della polacca. Era parecchio che non andavo, complice il caldo che è finalmente arrivato, e che mal si sposa con i prodotti polacchi tutti leggermente ipercalorici.

Lei aveva aperto dove tanti anni prima esisteva già un vecchio alimentari. Ne scrissi tempo fa ma non sono riuscita a ritrovare il post. Ha avuto problemi a partire, con i suoi prodotti polacchi che evidentemente non attiravano l’italiano medio e non avevano abbastanza clienti connazionali. Io non sono italiana media e mi sono subito fiondata a provare il provabile. Anche memore delle cene preparate da Anna, amica polacca oramai naturalizzata italiana. Comunque la signora del negozio si lamentava che non ce la faceva. Aveva aperto da poco e già pensava di chiudere. Alcuni clienti illuminati le hanno però suggerito di mettere anche specialità italiane, oltre quelle polacche, e così lei ha ripreso energia e il lavoro ha iniziato ad andare meglio. Molto grata della situazione che si è venuta a creare ha persino organizzato una festiocciola nella sua bottega con degustazioni varie.

Oggi pomeriggio ho trovato il negozio semivuoto. Scatoloni in terra. Scaffali disadorni.

Mi ha detto che entro venerdì riconsegna il negozio. Non ce l’ha fatta. Ed io ne soffro un po’. Perchè le botteghe oramai stanno chiudendo tutte. Perchè i piccoli negozi non ce la possono fare a concorrere con la grande distribuzione.

E anche io oramai sono stata inglobata.

Allora per redimermi e per riscattare la mia tessera di socia Coop, ho acquistato tutta una serie di prodotti polacchi che sicuramente non avrei mai comprato in tempi normali. Ma prima o poi nella vita bisogna provare di tutto. E domani torno per una scorta di birre e vodka!

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IMG_0682Succede così a Roma. Una mattina ti alzi e all’improvviso è scoppiata la primavera. ma non una primavera tiepidina e timida. Una gagliardissima primavera piena di calore e fiori. Una primavera che magari dura un giorno ma che butta tutti fuori casa.

Io oggi mi sono fermata. Per un giorno, da settimane, non ho quasi lavorato. Solo qualche mail e aggiornamenti web. Ho messo il guinzaglio a Cicoria e siamo uscite in passeggiata.

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Primo pensiero. Se ci credi e se sei tenace c’è un posto anche per te. Anche se a volte sembra che tutto quello che fai viene preso come dovuto, anche se sembra che solo esistere è una impresa difficilissima, è invece possibile che anche nel cemento ci sia uno spazio per le foglie che stai tirando fuori.

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Cammino a lungo, come spesso accade. Passo da Ponte Sant’Angelo. Ci sono orde di turisti e qualunque tipo di vucumprà. Mi sento come Gesù nel Tempio ed urlando allo scempio butterei a terra tutti gli occhiali, collanine, orecchini, borse, cover di cellulari, che sono ammonticchiati sui cartoni ai lati del ponte, e butterrei a fiume, ancora pieno grigio e limaccioso,  quasi tutti i suonatori di chitarre elettriche e tamburi e pianole che occupano lo spazio restante.

Ma resisto all’impulso e porto Cicoria a correre sotto al Castello.

Niente da fare. Orde di turisti panino-muniti bivaccano nei praticelli, sdraiati al sole. Ci rifugiamo nel lato più stretto. Sembriamo due esiliate. Lei però incontra cani ed è felice. Io sempre di più avverto il peso della stanchezza e mi rabbuio al pensiero di una ennesima domenica passata in compagnia della mia fedele cagnetta.

Basta, esco dal fossato di Castel Sant’Angelo e continuo a camminare, spinta dalla necessità di liberare energie represse in settimane di sedentarietà lavorativa. Arrivo a Borgo. E’ ora di pranzo e vedo famiglie ai tavolini, famiglie in giro con pizze ripiene, famigliole in vacanza a Roma che si siedono all’ombra e sorridono di tutto il bello che riescono a prendere con gli occhi.

Un pensiero molesto mi segue da giorni, ma oggi mi faccio raggiungere. Complice la stridente colonna sonora di Teho Teardo e Balanezcu Quartett che dalle cuffie mi inonda il cervello. Passo sotto un albero fiorito. E’ lo stesso che ho fotografato quasi un anno fa, tornando da una notte che mi dava una idea di futuro felice, sconfessato solo dopo poco più di un’ora. Neanche un anno fa. Eppure una vita fa.

La musica non mi dà tregua mentre cammino tra i turisti incerca di una trattoria. E  il pensiero va ad un’auto familiare in giro sulle colline toscane.  Decido di non fare più finta di niente, mi lascio inondare da quei sentimenti che normalmente cancello. Rivedo gli occhi dubbiosi della mia amica mentre le racconto il mio segrete. Le sue parole artificialmente rassicuranti su come tutto alla fine prenderà la giusta strada. Le stesse parole che direi a chiunque al mio posto, pur non credendoci affatto. Ma io SO che prenderà la giusta strada, e glielo dissi. E dunque perchè ora questo pensiero molesto mi invade e mi addolora?

Torno a casa. Mangio. Dormo. Al risveglio ho bisogno di nuovo di correre fuori casa. Di muovermi, camminare veloce, cercare posti dove lo sguardo possa spaziare.

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Roma ha una risorsa impagabile, le Ville. Oggi mi spingo fino a Villa Borghese. Camminando per il centro di nuovo ho difficoltà a farmi largo tra i turisti che invadono le strade. Mi auguro che ai commercianti romani questo porti qualcosa di buono. Arrivo a Trinità dei Monti che è quasi il tramondo. Cicoria oramai è il mio alter ego. Niente musica nelle cuffie. ormai non la reggerei più.Il pensiero molesto oramai si è impadronito completamente di me. Camminando libero tossine e cerco di usarlo. Se non posso far finta che non esista, e se affrontarlo mi fa così male, devo cercare il modo di usarlo.

Il sole che tramonta su Roma libera in me un sentimento di meraviglia.

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Il privilegio di avere questa meraviglia mi fa sentire una regina. Cammino tra i turisti con la consapevolezza che loro tra poco, scattate le foto, ripartiranno, mentre io potrò passare e ripassare queste immagini ogni giorno in cui sarò disponibile a salire qui e a lasciarmi catturare dalla bellezza.

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Tutto il resto, vita, movimenti, cambiamenti, persone, amore, lavoro, prenderà la strada che deve. Io so di avere un cuore grande, e di saper affrontare qualunque cosa con tutto l’amore che il mio grande cuore contiene. Come suggeriva un padre saggio ad un’amica blogger, qualunque cosa fatta con amore ha un altro valore.

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IMG04094-20130122-0922Visitando il blog di Liù ho rivisto le immagini di una bellissima produzione televisiva RAI: La Tosca nei tempi e nei luoghi. Vennero girate e mandate in onda le arie della Tosca proprio dai luoghi in cui le aveva ambientate Puccini, alle ore in cui avvenivano le vicende. L’ultima parte, il finale tragico, avviene a Castel Sant’Angelo. Io so di essere una inguaribile romantica, ma Puccini mi colpisce sempre al cuore. Ed essendo anche una romana inesorabilmente e tragicamente amante di Roma, almeno della Roma che non si riesce a non amare, ogni volta che passo accanto a Sant’Andrea della Valle, al Palazzo Farnese  o  a Castel Sant’Angelo ripenso a lei, alla Tosca, e alla sua tragica fine.

Stamani ero li, sotto il muraglione dal quale lei si buttò, schiacciata dal dolore per aver perso il suo Amato, nonostante tutto ciò che aveva fatto per tentare di salvarlo. Nei giardini sotto il Castello ci si ritrova con altri canari a far correre le bestiole, inconsapevoli, esse – le bestiole, di correre e defecare sotto un pezzo di storia che fa impallidire il mondo.

Amore, passione, tragedia, Puccini sapeva veramente come conquistare il suo pubblico! Io non riesco a frenare le lacrime ad ogni morte del Cavaradossi.

Mi sveglio come al solito con il mal di schiena. L’osteopata mi disse che dipende molto spesso da quello mangio o bevo la sera. E’ probabile. Comunque faccio  fatica la mattina ad alzarmi, a qualunque ora mi svegli. Tento di poltrire un po’. Ma non appena mi muovo nel  letto gatti e cagna mi sentono e non mi danno pace finchè non mi alzo. Cibo. Per loro è tutto legato al cibo. Per la cagnetta è anche questione di pipì. Con grande fatica, mi faccio un caffè e poi mi infilo un pantalone e una maglia e la porto  giù. Il cielo era sereno ma vedo in arrivo grossi nuvoloni. Ieri sera avevo deciso di partire per la montagna, ma questo tempo mi blocca il desiderio. Penso alla casa fredda, chiusa da settimane. Non ho voglia di andare da sola e in questi giorni sarò senza figli. Dovrei portare delle cose e andare a svuotare i tubi dell’acqua prima che arrivi il gelo. Ma mi sa che aspetterò la prossima settimana. Sì. Torno a casa e apro il computer. Ho ricevuto molti messaggi. Mi fa piacere. Il cellulare invece è muto. Il mio amore è lontano. Non riusciamo a conciliare  i nostri tempi. Non so quando ci rivedremo. Sapevo dall’inizio che sarebbe stato così. Ma ora mi pesa. Passo del tempo a scrivere. Non succede spesso che la mattina mi metta al computer, non è nell’ordine delle priorità, ma oggi mi rallegra. Ad un certo punto però sento bisogno di muovermi. Prendo il guinzaglio ed esco con la cagna. Solito giro e poi verso il giardino di Castel Sant’Angelo. Come quando avevo i figli piccoli la cagnetta mi porta a cercare gli spazi verdi, dove può correre liberamente. Mi costringe anche a camminare molto, e questo è bene. Ci fermiamo un poco ai giardini e poi sento ancora il bisogno di muovermi. Camminiamo a lungo, intorno al Castello e poi ancora avanti oltre San Pietro nelle spine di Borgo. Ancora oltre verso le Milizie. Poi mi fermo. Non è più bello qui. Troppa gente. Fiumi di turisti che sciamano verso San Pietro. Troppa confusione, non si riesce quasi a camminare. Rifaccio il giro da Borgo e si torna a Castello. Il telefono è ancora muto. Brutto segno. Non so se per quello che è andato a risolvere nel suo viaggio o per il nostro menage. Forse per entrambi. Parlo brevemente con la ventunenne. Mi sente strana. E’ fuori Roma con amici, la tranquillizzo. Chiamo la mia amica che mi aveva cercato ieri sera. Non avevo risposto, non mi andava di chiacchierare. Ora, camminando  per le vie del centro mi faccio raccontare le sue storie. Ormai è tanto che siamo in giro e con i ritmi della cagnetta abbiamo un passo molto veloce. Inizio ad essere stanca. E’ ora di pranzo. Non ho molta fame, in verità. Solo quando sono in ascensore e mi vedo nello specchio, mi rendo conto di che razza di faccia slavata ho. Niente trucco, capelli strani. Do’ le spalle allo specchio e me ne frego. Dovrei approfittare oggi che sono a casa, per darmi una ripulita. Farmi una ceretta, tagliare le pellicine alle mani. Ma non ne ho voglia. Lo farò domattina. Apro il frigo. Non ho voglia di cucinare. Taglio qualche fetta di Speck. Non c’è pane. Trovo dei taralli in una bustina di qualche mese fa. Sono un po’ orrendi ma commestibili. Mangio guardando un TG e aggiornando di nuovo i messaggi sul pc. Mi concedo mezza birra, mi farà venire sonno ma meglio così. Mi porto a letto un libro che dovrei rileggere, non  mi va. Riprendo quello che sto finendo. Non è bello. Un romanzo di un’autrice siciliana che racconta di una giovane donna contadina sposata ad un anziano barone ai primi del novecento. E’ un po’ sensuale, a tratti erotico. Con un intercalare siciliano. Ha tutti gli ingredienti per un best seller. Ma niente di che. Un regalo. Leggo un poco e poi dormo. Mi sveglio di soprassalto con la cagnetta che abbaia. Sicuramente il mio vicino di casa che esce. Lei pensa che il pianerottolo sia nostro e sorveglia i suoi movimenti. Sono ancora più stordita di stamani. Mi faccio un altro caffè. Il cellulare non mi dà notizie. Riaccendo il computer. Oggi è una giornata particolare. Continuo a scrivere e rispondere a messaggi. E’ quasi elettrizzante. Mi sento vagamente autistica. Non apro bocca da ore. Pazienza. Finalmente sento il bip di un messaggio al telefono: “Mi manchi”. messaggio un po’ laconico. Rispondo laconica: “Manchi tu di più” Senza accorgermene passo un’ora a leggere e scrivere. La cagnetta inizia a ridarmi il tormento. Si, meglio così. Devo fare qualcosa. Scuotermi da questo torpore. Un amico mi da un suggerimento su un film da vedere assolutamente. Guardo la cagnetta. Decido di fare un’altra passeggiata con lei. Stavolta vado verso il Pantheon. Ci fermiamo da Feltrinelli, ma di sabato pomeriggio, con lei è un problema girare per libri. Decido di andare a fare un aperitivo dall’amico libraio, che per non chiudere ha trasformato la libreria in un biblio-bar. Passo davanti ad un’altra libreria storica che chiuderà tra pochi giorni. C’è la vendita di chiusura con i libri al cinquanta per cento. Che tristezza. Però mi irrita leggere il cartello “Si sfratta la cultura”. Lo sfratto da parte di un privato non è uno sfratto alla cultura. E’ solo questione di Business. Basta dirlo. Non si riesce a pagare l’affitto di un negozio dietro la Minerva con la vendita di libri. Questo è quanto. Le librerie stanno chiudendo. Da Feltrinelli non si riesce ad entrare. Questo è quanto. Arrivo al Collegio Romano e mi fermo. E’ tanto che non vedo l’amico libraio e oggi non ho voglia di chiacchierare. Torno indietro. faccio il giro dal Teatro Valle. Solita situazione. Dentro stanno facendo qualche spettacolo e fuori sembra l’ingresso di un basso. Non so perché il più bel teatro storico romano debba essere in questo stato. L’occupazione è stata un gesto forte, ma è passato più di un anno e un piccolo gruppo si è impossessato di un teatro pubblico in un edificio storico. Non so in quale altro posto questo sarebbe tollerato per così tanto tempo.  E’ ora che torni a casa. Ho voglia di mangiare cibo fresco. Passo al supermercato e decido per straccetti e insalata con avocado e carciofini. Compro anche del pane e del vino. Un novello delle Dolomiti e un rosso toscano. Stasera scriverò il mio post e poi finisco il libro della siciliana. Il mio amore scrive che mi ama. Mi manca.

Questa galleria contiene 19 immagini.

Roma è anche questo. Tornando all’una e mezza da una passeggiata con il piccoletto e Cicoria dai giardini sotto Castel Sant’Angelo imbattersi, in una Via Giulia chiusa al traffico, in una processione della comunità Peruviana. Non so proveniente da dove e dove diretta. Con un enorme baldacchino con un Cristo in croce portato a braccia …

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