Una delle poche fortune che si hanno in quanto mamme separate è che poi capita il weekend dei papà.
Quindi lasciato il piccoletto al genitore, liberando finalmente la casa alla ventenne ed avendo chiuso per l’ennesima volta – si spera l’ultima per la mia salute e quella di chi mi circonda – con il tormentato e tormentoso amante, sono partita per un weekend di quasi non lavoro.
A Verona per un incontro di letteratura italo-irlandese dove ho avuto il vero piacere di conosce autori davvero interessanti e una realtà culturale leggermente meno impaludata di quella romana.
Essendo la mia prima volta a Verona ho fatto finalmente la turista e potevo forse esimermi dal visitare la famosa casa di Giulietta? Nel mio immaginario il famoso balcone – pare che invece nei testi di Shakespeare il sommo autore non nomini mai il balcone ma parli di una semplice finestra (!), era affacciato su un grande giardino ombreggiato da alberi da frutta e circondato da un alto muro. Nella realtà esiste un piccolo cortile al quale si accede da un grande portone del tutto anonimo. Se non fosse per la quantità di persone che continuamente entrano e fotografano e lasciano ricordi.
Sempre nel mio immaginari questi famosi ricordi erano lasciati sotto forma di biglietti e lettere tipo exvoto di amanti felici o aspiranti amanti o di infelici in cerca di amanti.
Invece l’era Moccia ha contaminato anche il povero cortile di Giulietta. Il portone è un puzzle di chewingum, immagino masticati, e appiccicati a memoria di non so quale sentimento (salive condivise? bocche che si sono incontrate in languidi baci al peppermint?)
Messaggi effettivamente ce ne sono. Ma direttamente scritti sui muri e talmente scarabocchiati ed accavallati che più che altro sono dei non messaggi.
La vera tragedia però l’ho trovata all’interno, proprio sotto il famoso balcone (c’è veramente qui un balcone) e accanto alla statua della povera Giulietta usata come fondale per le foto dei supposti amanti o aspirati tali: un cancello completamente rivestito dai famosi lucchetti mocciani.
Al cuor non si comanda, è vero, ma al cervello? Si. A questo un minimo di ordini andrebbe dato. Se non altro a quello dei custodi di un palazzo storico che, pur non essendo mai stato probabilmente abitato dai Signori Capuleti, ha una pur qualche importanza dal punto di vista dei Beni Culturali.
Ma senza diventare bacchettona e purista la mia grande delusione è stata quella di non poter sbirciare nei messaggi amorosi che immaginavo di trovare. Davvero non c’è più traccia di parole tra amanti? Nulla a cui attingere, o usare come fonte di ispirazione, o che faccia sognare di amori realizzati? Solo cuori saliva e lucchetti?
Come a conferma di questi miei pensieri ieri mattina proprio davanti al mio portone ho trovato un cuore disegnato in terra con enorme punto interrogativo al centro. Disegnato nella notte da un amante sfortunato, mi sembra di capire. O quantomeno dubbioso. O con una interpretazione più ampia dubbioso/speranzoso. Certamente indirizzato ad uno/a dei miei coinquilini. Non siamo in molti e subito è partito un rapido vaglio del/la possibile destinatario/a. Esclusa mia figlia, la ventenne, la quale si è dimostrata troppo sorpresa per essere in qualche modo coinvolta in tale richiesta d’amore, con il portiere e l’uomo delle riparazioni – subito accorsi per rimuovere il poco signorile e deturpante messaggio – siamo rimasti orientati su un paio di soggetti, uno di sesso femminile e uno maschile, unici per fascia di età possibili destinatari di tale graffito.
Il solerte tentativo di pulitura è risultato vano. Nonostante l’utilizzo di vari solventi e diversi livelli di scartavetratura l’enigmatico simbolo amoroso è rimasto in terra, solo leggermente più sfumato. Devo dire più carino.
Ma nonostante l’ennesimo sfregio al sunnominato decoro urbano mi fa tenerezza uscendo di casa posare il piede su un cuore, che, seppure forse infranto – ma mi auguro che il/la coraggioso/a graffitaro sia stato ricompensato del suo/a ardire, mi fa ancora pensare (e sperare) all’amore.