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Esito ancora a pensarci.

Ero a casa di un uomo. Un uomo conosciuto da poco, a cui non ero per nulla interessata dal punto di vista fisico.

Mi stava dietro da un po’ e avevo accettato l’invito quasi per cortesia, essendo lui persona molto cortese.

La casa era minuscola, praticamente una stanza. Pareti grezze, pochi mobili. Direi povera.

Mi aggiravo un poco imbarazzata guardando qualche immagine alle pareti, la conversazione languiva.

Cercavo un modo per venirne fuori senza offendere ma abbastanza velocemente.

Quando improvvisamente lui aprì una grande porta, anzi più di una, e la prospettiva asfittica e grigia mutò completamente: ci trovavamo in riva al mare. Una casa minuscola su enormi dune. Di fronte le onde di un blu violaceo che si infrangevano sulla riva. Una visione mozzafiato.

Lui mi guardò per osservare l’effetto della meraviglia sul mio volto. Non c’erano dubbi, ero estasiata.

Un posto così speciale doveva essere certamente il suo asso nella manica.

All’improvviso diventai triste.

Avrei dovuto rinunciare al piacere di soggiornare in quella casetta così preziosa. Nulla, neanche il possederla mi aveva reso speciale l’uomo che la abitava.

Il risveglio lasciò inizialmente un senso di amaro.

Ma poi il vero, forse vero, significato mi si palesò.

Quali preziosi tesori posseggono persone che noi immaginiamo insignificanti o non interessanti?

Forse era questo il senso.

O forse solo la speranza di trovarne, di tesori, in questa umanità asfittica e grigiastra.

Magritte - Portrait of Stephi Langui

Magritte – Portrait of Stephi Langui

Solo poesia. Per un essere speciale.

Cambio le belle lenzuola di bianco

tiro per bene, nessun increspo né piega

nessun millimetro pendente fuori dalla

armonica stesura del bene. Qui dorme 

lei, qui lui. Si vede non so da cosa.

Qui lei e lui si scambiano segni evoluti

della specie, accostano forma a forma

mettono tutti i respiri in un posto, insieme,

setacciano il mondo nella camera buia

e l’ultimo che s’addormenta sente l’altro

andare lontano, nel suo respiro di lottatore

che ha mollato la presa.

Mariangela Gualtieri –  Senza Polvere Senza Peso – Acqua Rotta

Persone immobili. Che pensano sempre allo stesso modo. Dicono sempre le stesse cose. osservano il mondo intorno a loro sempre dallo stesso punto di vista. Non crescono. Non maturano. E non gioiscono mai veramente. Ci sono persone che hanno sempre bisogno di insegnare agli altri cosa è giusto e cosa sbagliato. Pensano di avere diritto a felicità e amore, doni che invece vanno conquistati con tenacia, umiltà e crescita personale. Pensano che tutti i problemi siano da imputare a chi gli è vicino. E così invece di darsi la possibilità di cambiare, cambiano le persone. Abbandonano famiglia, amici, conoscenti. Si illudono di mettere in campo nuove possibilità con nuove persone, di generare nuove relazioni. E si ritrovano a rinnovare sempre le stesse dinamiche del passato. E di nuovo accusano e feriscono e abbandonano e….. Movimenti a circuito chiuso.

(ogni riferimento a persone o fatti è assolutamente voluto)

Troppo tardi. Serata magnifica ma lunga. Alle 2 e trenta ho solo la forza di alzare giochi al cielo.

E’ pieno di stelle. L’aria è tiepida e inviterebbe a camminare. Imboccare il primo sentiero uscendo dal paese e inoltrarsi nella boscaglia. E’ pieno di animali qui. Siamo in un parco nazionale. Due giorni fa ho incontrato una volpe e stamani ho seguito a lungo le evoluzioni di un falco.

Ma domani sarà una nuova giornata piena di attività. l’unica cosa che posso fare è andare a dormire. Guardo la luna e immediatamente mi viene in mente una canzone (forse anche complice il film di stasera)

Dopo una frase letta su facebook e un articolo su un blog che forse non è più attivo ho reincontrato un vecchio libro che amo e che ogni donna dovrebbe leggere. Per la sua formazione.

Donne che corrono coi lupi di Clarissa Pinkola Estés, il ritorno della donna selvaggia.

Intanto voglio garantire che non sto diventando una sciamana, ed è assoluta coincidenza se solo pochi giorni fa già parlavo della donna lupo. Giocavo. Questa è roba seria.

Poi voglio raccontare come ho incontrato per la prima volta il libro. Me lo ha consigliato una donna, un’amica, che lo aveva avuto da una psicologa, dalla quale andava regolarmente per riuscire a gestire un rapporto decisamente problematico con un uomo. Lei, la psicologa,  era una donna con un viso bellissimo su un corpo veramente oversize. Una donna molto intellettuale che tentava di farle capire come poteva riuscire a sentire il suo vero valore senza dipendere dall’accettazione di un uomo che, lei diceva, valeva decisamente meno, ma la teneva in pugno.

La cosa divertente fu che dopo averle detto e stradetto che lui non era una bella persona (avevano iniziato a fare anche terapia insieme); dopo averle mostrato prove inconfutabili della propensione del tipo alla cornificazione (lui aveva scritto una lettera a lei, alla psicologa, in cui si confessava profondamente innamorato); lei, la psicologa, uscì con lui e sinceramente non so cosa successe perché ovviamente la mia amica interruppe la terapia (pare che in terapia junghiana il transfert e contro transfert – cioè il/la paziente che si innamora del/la terapista e viceversa – sia normale ma a lei non sembrò tale, e francamente nemmeno a me).

Fatto sta che in tutto ciò questo libro arrivò a me. Io l’ho letto da allora diverse volte. A volte solo alcune parti. L’ultima – quella sulla storia di Barbablù –  in occasione di uno spettacolo teatrale su cui si stava lavorando.

E’ un libro che parla del grande potenziale che esiste in ogni donna. Della profonda saggezza istintuale delle donne. Potere e saggezza sepolte da secoli di cultura e pratiche assolutamente antifemminili.

E’ una lettura che va affrontata quasi come un rito di iniziazione. Un passaggio fondamentale è quello legato agli archetipi contenuti nelle fiabe che normalmente si raccontano ai bambini, o almeno si raccontavano ai bambini della mia generazione: Cappuccetto Rosso, Barbablù, Il brutto anatroccolo, La donna scheletro.

La Pinkola Estés negli anni sessanta ha girato l’America del Nord e del Sud, cercando e ascoltando storie. In particolare quelle storie che tramandate da generazioni e generazioni avevano trasformato la loro essenza primitiva essendo state attraversate dal passaggio delle culture, delle religioni. Ma in posti diversi, da anziane diverse, si accorse che molte di queste storie avevano una radice comune. Una radice antica che riportava al vero insegnamento che la storia racchiudeva e per il quale veniva narrata.

Oggi ho reincontrato questo libro. L’ho riaperto e ho trovato tanti passaggi sottolineati.

Mi piacerà nei prossimi giorni riprenderli e parlarne.

ImmagineUna delle poche fortune che si hanno in quanto mamme separate è che poi capita il weekend dei papà.

Quindi lasciato il piccoletto al genitore,  liberando finalmente la casa alla ventenne ed avendo chiuso per l’ennesima volta – si spera l’ultima per la mia salute e quella di chi mi circonda – con il tormentato e tormentoso amante, sono partita per un weekend di quasi non lavoro.

A Verona per un incontro di letteratura italo-irlandese dove ho avuto il vero piacere di conosce autori davvero interessanti e una realtà culturale leggermente meno impaludata di quella romana.

Essendo la mia prima volta a Verona ho fatto finalmente la turista e potevo forse esimermi dal visitare la famosa casa di Giulietta? Nel mio immaginario il famoso balcone – pare che invece nei testi di Shakespeare il sommo autore non nomini mai il balcone ma parli di una semplice finestra (!), era affacciato su un grande giardino ombreggiato da alberi da frutta e circondato da un alto muro. Nella realtà esiste un piccolo cortile al quale si accede da un grande portone del tutto anonimo. Se non fosse per la quantità di persone che continuamente entrano e fotografano e lasciano ricordi.

Sempre nel mio immaginari questi famosi ricordi erano lasciati sotto forma di biglietti e lettere tipo exvoto di amanti felici o aspiranti amanti o di infelici in cerca di amanti.

Invece l’era Moccia ha contaminato anche il povero cortile di Giulietta. Il portone è un puzzle di chewingum, immagino masticati,  e appiccicati a memoria di non so quale sentimento (salive condivise? bocche che si sono incontrate in languidi baci al peppermint?) Immagine

Messaggi effettivamente ce ne sono. Ma direttamente scritti sui muri e talmente scarabocchiati ed accavallati che più che altro sono dei non messaggi.

Immagine

La vera tragedia però l’ho trovata all’interno, proprio sotto il famoso balcone (c’è veramente qui un balcone) e accanto alla statua della povera Giulietta usata come fondale per le foto dei supposti amanti  o aspirati tali: un cancello completamente rivestito dai famosi lucchetti mocciani.

Immagine

Al cuor non si comanda, è vero, ma al cervello? Si. A questo un minimo di ordini andrebbe dato. Se non altro a quello dei custodi di un palazzo storico che, pur non essendo mai stato probabilmente abitato dai Signori Capuleti, ha una pur qualche importanza dal punto di vista dei Beni Culturali.

Ma senza diventare bacchettona e purista la mia grande delusione è stata quella di non poter sbirciare nei messaggi amorosi che immaginavo di trovare. Davvero non c’è più traccia di parole tra amanti? Nulla a cui attingere, o usare come fonte di ispirazione, o che faccia sognare di amori realizzati? Solo cuori saliva e lucchetti?

Come a conferma di questi miei pensieri ieri mattina proprio davanti al mio portone ho trovato un cuore disegnato in terra con enorme punto interrogativo al centro. Disegnato nella notte da un amante sfortunato, mi sembra di capire. O quantomeno dubbioso. O con una interpretazione più ampia dubbioso/speranzoso. Certamente indirizzato ad uno/a dei miei coinquilini. Non siamo in molti e subito è partito un rapido vaglio del/la possibile destinatario/a. Esclusa mia figlia, la ventenne, la quale si è dimostrata troppo sorpresa per essere in qualche modo coinvolta in tale richiesta d’amore, con il portiere e l’uomo delle riparazioni – subito accorsi per rimuovere il poco signorile e deturpante messaggio – siamo rimasti orientati su un paio di soggetti, uno di sesso femminile e uno maschile, unici per fascia di età possibili destinatari di tale graffito.

Il solerte tentativo di pulitura è risultato vano. Nonostante l’utilizzo di vari solventi e diversi livelli di scartavetratura l’enigmatico simbolo amoroso è rimasto in terra, solo leggermente più sfumato. Devo dire più carino.

Ma nonostante l’ennesimo sfregio al sunnominato decoro urbano mi fa tenerezza uscendo di casa posare il piede su un cuore, che, seppure forse infranto – ma mi auguro che il/la coraggioso/a graffitaro sia stato ricompensato del suo/a ardire, mi fa ancora pensare (e sperare) all’amore.

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