meno 172 – cammino nei sogni
Esco dalla scuola con mio figlio. Andiamo a vedere i quadri. In un altro Istituto, quello principale. Andiamo a piedi. Lui è proprio mio figlio, il piccoletto. Ma mentre camminiamo, lo abbraccio come spesso faccio passandogli un braccio sopra le spalle, lui diventa più grande. Al punto che ora è il suo braccio sopra le mie spalle. E’ più alto di me. E’ sempre un ragazzo, il mio bambino, ma alto e grande come un uomo. E’ un po imbarazzante, ma anche emozionante.
Questo è l’inizio del sogno. Poi va avanti. Ma questo è il momento più intenso. Percepire di colpo, così vivamente, la potenzialità di vita di mio figlio. Vederlo improvvisamente già uomo, quando ancora è così cucciolo.
Mi tornano in mente i giorni, tanti, troppi, in cui ero spaccata esattamente a metà tra la certezza di non poterlo assolutamente avere un altro figlio, e l’angoscia di interrompere la gravidanza. E la serenità e l’energia ritrovata quando poi la decisione arrivò, al di là di ogni ragionevole dubbio.
E ricordo perfettamente i suoi occhi nel primo istante in cui ci siamo guardati. E la stretta della sua mano intorno ad un mio dito.
Ricordo l’angoscia delle notti passate a passeggiare e passeggiare e passeggiare, con lui che non dormiva e la mia fronte che ogni tanto si appoggiava al vetro fresco della finestra. Un poco per trovare refrigerio, un poco con l’istinto di sfondarlo quel vetro, per la stanchezza e la rabbia.
E ricordo una mattina, all’alba, quando non potendone più uscii con lui nel passeggino. Camminai a lungo e mi ritrovai in un’atmosfera surreale. Nella luce ancora pallida del primo mattino, nel silenzio irreale di una città ancora addormentata, centinaia di persone si muovevano silenziosamente tutte nella stessa direzione. Chi aveva bivaccato in strada. Chi veniva dalla stazione a piedi. Alcuni erano semplicemente in moto come non avessero mai fatto altro. E tutti verso San Pietro. Era la mattina dei funerali di Papa Wojtyla. Io non sono cattolica, ma quella mattina, in quell’atmosfera lì, ho sentito che stava accadendo qualcosa di veramente speciale. Ho avvertito l’energia di preghiera di migliaia di persone così come delle improvvise folate di vento ci si avvertono dell’arrivo di un temporale. Ho percepito che essere lì in quell’occasione era essere presenti ad un piccolo pezzo di storia. Feci un giro dal ponte di Castel Sant’Angelo e poi me ne tornai indietro, col piccoletto finalmente addormentato nel passeggino.
Che bel ricordo….sono quegli attimi che vivendoli sembrano non abbiamo mai a finire…e come volgi lo sguardo si riducono in attimi. Dentro però lascia un sentimento di pienezza, di aver vissuto un momento storico e personale molto importante.
Grazie per questa condivisione…
buona giornata
.marta
tanti momenti fanno una vita…. mamma mia mi sto invecchiando! 🙂
La storia siamo noi, con i nostri momenti.
Elisabetta è bello l’accostamento del momento di arrivo e un’altro di partenza di chi è o lo è stato parte della nostra storia.
Silvano
vero, è arrivato del tutto casualmente mentre scrivevo. Uno di quei post che non nascono se non mentre li butti giù…
Ciao Silvano
Mi colpisce l’espressione “potenzialità di vita”. E’ bellissima e profondissima. Perché in ogni momento della nostra esistenza noi esprimiamo una potenzialità, che si esprimerà nel futuro. E tu hai avuto una vera e propria visione, degna degli aruspici dell’antichità. Dev’essere stato un risveglio molto emozionante. Bello.
molto emozionante, anche perché è un’impressione che mi è rimasta molto viva anche tattilmente…. si bello.